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I detti proibiti di Belluno

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Detti proibiti di Belluno

proverbi e detti: 

Le grandi verità censurate, 

finalmente IN UN LIBRO

COVproverbi BELLUNO 9nov18 fronte ICON  Un libro di: Gabriele Nabo   V(el)asquez   Mr Capra

 ISBN: 9788885601079

Parole mai banali che dietro il loro preponderante aspetto folcloristico e umoristico racchiudono scienza e coscienza, esperienza, vita vissuta.

dalla prefazione di Nabo

Davanti a questi detti origina l’arte popolare, quella che sale dal basso, con tavole narrative multiuso, per il bar, le feste, l’aia o la piazza.

dalla prefazione di V(el)asquez

Tutto quello che non avrebbero voluto dirvi da piccoli. 

E non lo hanno fatto.

 INDICE

CHAPTER 1:  Femene pag. 9

CHAPTER 2:  Perusole   pag. 17

CHAPTER 3:  Temp   pag. 23

CHAPTER 4:  Merda e Pis   pag. 26

CHAPTER 5:  Sacrosante Verità   pag. 30

CHAPTER 6:  Citazioni De Na Olta   pag. 35

CHAPTER 7:  Cui   pag. 41

CHAPTER 8:  Come Disea La Me Vecia   pag. 45

CHAPTER 9:  Noze   pag. 49

CHAPTER 10: Osei   pag. 53

 PREFAZIONE

Prefazione

Quest’opera raccoglie proverbi antichi e meno antichi, detti e modi di dire raccolti da anziani, da colleghi, amici, parenti e conoscenti; parole mai banali che dietro il loro preponderante aspetto folcloristico e umoristico racchiudono scienza e coscienza, esperienza, vita vissuta; conoscenze che sarebbe imperdonabile non tramandare ai posteri.

In un’era dominata dal perbenismo e dagli stereotipi, qui trova spazio una schietta ed esaustiva antologia che con fierezza dà modo al lettore di assaporare, attraverso la lettura di passi aulici, i più nobili e reconditi valori della vita vera, ormai da tempo dimenticati.

Con la speranza che questo libro non finisca sotto la gamba più corta della tavola o addirittura sul vostro portarotolo, i curatori di questi versetti augurano una buona e profica lettura.

N.d.A. – Agli occhi degli animi più scrupolosi, eventuali errori di ortografia non devono essere considerati mera ignoranza bensì sono da ritenersi ricercate licenze poetiche atte a esaltare tanta esperienza umana presente nel nostro vissuto.

Introduzione

Quando dico “Cultura” lo dico per fare arrabbiare qualcuno. Gli intellettuali di professione, che non leggono proferitori di volgarità; e coloro che accusano di snobismo coloro i quali invece fingerebbero di amare questi detti.

Eppure ce l’abbiamo fatta.

La censura è stata superata, e così eccolo!

Tutto quello che non avremmo dovuto sentire da piccoli, ora è addirittura scritto! 

Una raccolta delle memorie popolari, in forme audaci e indelebili, sorta da anziane signore, talvolta al termine della loro esistenza. Nell’etimo nobile del loro contesto, queste ultime testimonianze dallo stile dimesso sprigionano a noi lettori di altre generazioni, di altri mondi, un cosmo di valori della terra, di sessualità disincantata, di conoscenza delle stagioni e invecchiamento con ironia.

Davanti a questi detti origina l’arte popolare, quella che sale dal basso, con tavole narrative multiuso, per il bar, le feste, l’aia o la piazza.

E allora ecco servito con questi detti un vassoio di caffè, dall’aroma e lo stile amaro, ma dal rituale così umano, così ricco di residuo calore.

La piova de Belun no la bagna nesun

Usanza feltrina: 

piantarlo la sera e cavarlo la matina

Bele da xovene, sbeteghe da vece.

L’anguria la e come la moier: te te corde che la e bona solo dopo che te la a verta.

Vardete dal tas e da le femene col cul bas

A chi che nas sfortunà 

ghe piove sul cul stando sentà

 

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